Stampa in 3D: funzionamento e applicazioni nel settore alimentare
La stampa in 3D degli alimenti, protagonista ormai di molti eventi internazionali, è l’applicazione di una tecnologia relativamente nuova al mondo della cucina. Usando una stampante in 3D e un materiale viscoso pre-lavorato, uno chef può creare piatti complessi e raffinati, dal design particolare ma anche dalle proprietà nutritive più adatte alle esigenze dei clienti.
Grazie al suo funzionamento, la stampa 3D per il cibo permette di personalizzare al massimo i piatti proposti, e trova così il suo campo di applicazione nell’alta cucina gourmet o in altri settori molto specifici (su tutti l’alimentazione per gli astronauti); presto, però, potrebbe entrare a far parte anche della ristorazione meno raffinata o, perché no, della cucina di casa nostra. Ecco quali sono i suoi pro e contro e come questa tecnologia sta rivoluzionando l’approccio al settore degli alimenti.
Come funziona la stampante in 3D
Prima di parlare della sua applicazione al cibo, occorre aprire una parentesi sul funzionamento della stampa in 3D in generale, attualmente utilizzata per la produzione di oggetti solidi in materiali e polimeri plastici. Dunque, come lavora una stampante in 3D?
Il principio di base del 3d printing è sempre il medesimo per ogni tipologia di stampante: si tratta della trasformazione di un modello digitale in un oggetto fisico e tridimensionale attraverso la progressiva sovrapposizione di uno strato di materiale all’altro (si parla anche di “Additive Manufacturing”, cioè “Processo additivo” o “a strati”).
Si tratta in sostanza di un diverso metodo di produzione degli oggetti rispetto alle tecnologie più tradizionali, come la lavorazione CNC di tipo sottrattivo o lo stampaggio a iniezione di tipo formativo. La procedura di stampa in 3D segue di norma le seguenti fasi:
- modellazione digitale. Attraverso una app o un software CAD su computer si crea un modello 3D dell’oggetto da stampare;
- slicing. Il modello, dopo la progettazione, viene elaborato da un altro software specifico che lo suddivide in layer, ossia strati bidimensionali;
- traduzione in linguaggio macchina. Il set di istruzioni per la realizzazione fisica del modello viene compilato utilizzando un codice che può essere letto ed eseguito dalla stampante;
- stampa. La creazione effettiva dell’oggetto segue diversi metodi, in base alla tipologia di stampante (FDM, PLA, STL, Multi Jet Fusion…). Di norma, la stampante fonde i filamenti di plastica e, facendoli passare attraverso un ugello, li dispone in ordine sopra un piano ricoperto di carta apposita seguendo i layer codificati nelle istruzioni. Per assicurare qualità e precisione per produzioni personalizzate su larga scala, alla stampa effettiva si fa precedere la realizzazione di uno o più prototipi.
I processi di stampa richiedono di solito diverse ore per essere completati, anche in base alla complessità dell’oggetto, al modello di stampante, al materiale utilizzato e così via. In più, bisogna tener conto della necessità di operare delle rifiniture in post-produzione, dal momento che nella maggior parte dei casi i componenti della stampante non saranno in grado di riprodurre correttamente tutti i dettagli, e rimarranno sempre polvere, residui e imperfezioni.
Il materiale per la stampa 3D è, il più delle volte, un polimero plastico, in resina o in nylon, anche se non mancano stampanti industriali o comunque di tipo professionale che possono utilizzare dei metalli. La plastica utilizzata può variare di molto e possedere caratteristiche molto differenti, dai colori alla consistenza.
La stampa 3D, comunque, richiede risorse, spazio, macchinari, strumenti, idee, conoscenza delle tecniche e molto altro ancora; per questo motivo, per progettare e produrre molti pezzi, di solito privati e aziende richiedono la consulenza di uno studio di digital designer che offra servizi e soluzioni mirate. Rivolgendosi a esperti del settore ottengono un supporto di alto livello in tutte le fasi, dal progetto alla consegna, passando per la scelta dei materiali e dei prezzi dello store, la prototipazione rapida, il controllo e la finitura finale.
Stampanti 3D per il cibo: cosa sono
Il processo di stampa 3D standard con i polimeri plastici è, in linea di massima, identico per condizioni e risultati nelle stampanti 3D per gli alimenti: un materiale denso e viscoso viene appoggiato dalla macchina su un piano e, strato dopo strato, va a formare una pietanza completa.
La storia della stampa 3D per gli alimenti è piuttosto recente: dopo i primi tentativi che hanno offerto buoni risultati, risalenti a una decina di anni fa, nel 2015 gli esperti sono stati in grado di preparare una pizza facendo estrudere l’impasto a una stampante 3D, e oggi gli esperimenti di laboratorio più arditi si spingono fino a creare bistecche o altri prodotti animali.
In tutto ciò, la stampa per alimenti più “semplice” è diventata una tecnologia relativamente diffusa e a buon mercato, rispetto ai modelli sperimentali più complessi. Esistono diversi ristoranti e catene di produzione che propongono più categorie di cibi stampati direttamente da una macchina, nel contesto di tipologie di cucina innovative come la cucina molecolare.
Ci sono varie tipologie di cibo che possono essere stampate, in particolare tutte quelle pietanze che escono dalla macchina già pronte e richiedono soltanto, eventualmente, una cottura. Si può trattare di alimenti pastosi di vario formato e consistenza come formaggi, mousse, puree, impasti liquidi o semiliquidi e creme, ma anche impasti per prodotti di panificazione o carne liofilizzata.
Occorre precisare che l’alimento stampato in 3D non ha nessuna controindicazione per la salute. Nonostante i contatti tra mondo tech e alimentazione siano spesso guardati con sospetto (in Italia e non solo), la scienza mostra con chiarezza come il sistema produttivo dei cibi stampati in 3D sia del tutto sicuro e non comporti alcun rischio.
Vantaggi e svantaggi della stampa 3D per il cibo
Una tecnologia così rivoluzionaria, se applicata nel campo della cucina, presenta naturalmente i suoi pro e contro, che vanno valutati e soppesati da parte degli esperti e delle aziende che investono nello sviluppo del settore.
Gli svantaggi per la sua applicazione in un contesto industriale (tutt’altro discorso per le stampanti ad uso domestico) sono essenzialmente due: il tempo e il denaro. Più nello specifico:
- il costo delle macchine può essere proibitivo, anche considerando che vi si aggiunge quello della manutenzione e quello della materia prima;
- il tempo di preparazione potrebbe a sua volta essere un problema. Trattandosi di materie prime edibili, queste richiederanno lavorazioni ulteriori rispetto al semplice polimero plastico, e quindi portano le tempistiche a dilatarsi rispetto a quelle, già notevoli, della stampa in 3D di base. E a ciò si devono aggiungere, nel caso, anche i tempi di cottura;
- in più, vanno considerati tempi e costi di formazione del personale addetto all’utilizzo delle macchine.
A fronte di queste possibili problematiche, la tecnologia della stampa 3D alimentare presenta indubbi vantaggi e benefici per chi ne fa uso. In particolare:
- la possibilità di creare design unici e non altrimenti realizzabili a mano offre ai cuochi e ai laboratori di pasticceria moltissime opportunità di sbizzarrirsi e dar libero sfogo alla fantasia, per creare forme, geometrie e contrasti innovativi;
- stampando un alimento in 3D è possibile personalizzare tutti i nutrienti e gli ingredienti dello stesso. In questo modo si può venire incontro a chi ha un’intolleranza o segue una dieta particolare, ma anche soddisfare particolari bisogni nutritivi o risolvere una carenza di vitamine o minerali;
- a ciò si collega la questione della food safety: il prodotto che esce da una stampante 3D per alimenti non ha subito manipolazione, quindi è più sicuro per il consumo immediato;
- poter stampare la quantità di cibo che si vuole permette anche di ridurre gli sprechi e minimizzare gli scarti;
- le ricette sono replicabili all’infinito e con estrema facilità. Sarà possibile, partendo dalle stesse materie prime, ottenere esattamente lo stesso cibo, e ciò oltre a soddisfare i palati più esigenti offre anche una garanzia in più per intolleranti e allergici.
Dove si possono usare le stampanti 3D per il cibo
Il campo di applicazione delle stampanti 3D per gli alimenti è molto variegato, e molto dipenderà dall’evoluzione futura di questa tecnologia. Si prevede che negli anni a venire la stampa 3D alimentare diventerà sempre più rapida, pratica ed economica, e conoscerà così una diffusione sempre più ampia.
Per ora, le stampanti 3D per alimenti trovano applicazione in particolare nelle cucine dei ristoranti stellati in cui gli chef si dedicano a sperimentazioni gourmet ardite, ma anche nei laboratori di pasticceria più innovativi. Tuttavia, anche altri settori del comparto agroalimentari traggono in alcuni casi beneficio dalla stampa in 3D.
Ci sono, per esempio, sempre più tentativi di usare la tecnologia della stampa 3D nella panificazione, oppure nella produzione di prodotti a base di proteine vegetali dedicate ai vegani. Non si dimentichi la possibilità di creare cibi per categorie specifiche di popolazione, come gli anziani o i bambini che hanno esigenze nutritive peculiari.
Gli esperimenti possono allargarsi ancora, e per adesso sono solo all’inizio. Esistono aziende e ristoratori che hanno proposto anche la stampa in 3D di piatti e posate commestibili, così da ridurre a zero gli sprechi; altri hanno puntato sulla personalizzazione e l’ecosostenibilità degli ambienti attraverso la stampa in 3D, con materiali appositi come plastica riciclabile, dell’intero ristorante.
Oggi stampare in 3D gli alimenti con risultati sempre migliori è una realtà, e uno dei settori maggiormente in espansione in cui la stampa 3D alimentare ha dato risultati notevoli è quello delle missioni spaziali: nel 2019, per esempio, un gruppo di astronauti russi è sopravvissuto integrando nel proprio menu della carne prodotta e stampata direttamente nella navicella.